Progetto Eva: la Volvo condivide le conoscenze in tema di sicurezza.

60 anni fa la Volvo inventava le cinture di sicurezza e condivideva le sue conoscenze con tutte le altre case automobilistiche, in modo che tutti i veicoli su strada potessero essere dotati di questo strumento salva vita.
Oggi, la Volvo ripete quel gesto così importante con il suo nuovo Progetto Eva, con l’obiettivo di condividere in modo assolutamente aperto e accessibile a tutti oltre 40 anni di ricerca.

Come possibile vedere all’interno dei video con cui la casa automobilistica ha annunciato la sua decisione, dopo numerosi studi è parso evidente che le donne siano più soggette a traumi – anche gravi – in caso di incidente.
In parte, questo è dovuto anche all’abitudine di verificare il funzionamento delle quattro ruote utilizzando manichini per crash test dalle fattezze maschili: anzi, più precisamente, viene solitamente utilizzata la riproduzione di un uomo di corporatura media, con una capacità molto limitata di rappresentare le tantissime e diversissime caratteristiche del corpo umano.

Volvo ha introdotto manichini dalle fattezze femminili già nel 1995 e nel 2000 ha creato il primo modello virtuale di donna in gravidanza. Nel 2001 ha realizzato un manichino di dimensioni ridotte, mentre nel 2010 ha iniziato a testare manichini dalle fattezze femminili medie, per comprendere le conseguenze di un colpo di frusta sulle donne: le prove, gli studi, le correzioni effettuate negli anni hanno permesso al brand di creare dispositivi in grado di proteggere ogni persona, indipendentemente dall’altezza, dal peso, dal sesso e dalla corporatura.

Ottenuta questa conoscenza, Volvo ha deciso di condividerla, perché tutti possano essere più sicuri.

Progetto Eva: il dibattito

Come è facile immaginare, l’idea di Volvo ha scatenato una serie di dibattiti, che continuano ormai da giorni.

Si è aperta, innanzitutto, una questione di civiltà: il Progetto Eva è, infatti, un ulteriore passo avanti all’interno di un settore che – negli anni – è stato spesso criticato. Basti pensare che le prove nei crash test venivano inizialmente effettuate utilizzando cadaveri e maiali, per poi passare a manichini dalle fattezze poco realistiche e a veri e propri volontari – ingegneri compresi – che accettavano di effettuare i test (senza rischi mortali).

È, poi, seguita una questione morale che ha compreso non solo la celebrazione dell’apertura di Volvo alle altre case automobilistiche per un bene superiore, ma anche un ripensamento sui manichini usati fino a oggi.
I crash test sono davvero maschilisti?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo necessariamente fare affidamento all’opinione della Volvo, che ha studiato oltre 40mila incidenti (per circa 70mila persone coinvolte) e ha a disposizione un ricco database, oltre che una vasta esperienza nel campo della sicurezza.
Ricordiamo, per esempio, gli studi fatti sugli impatti laterali negli anni ’80 e ‘90, che portarono all’introduzione di airbag a tendina, o gli studi più recenti sulle lesioni all’altezza dei fianchi e nella parte bassa della schiena, che hanno permesso di introdurre modifiche sui sedili: ogni indicazione della casa scandinava ha portato a un miglioramento degli standard di sicurezza, anche fra le concorrenti.

La speranza è, quindi, che tutti i principali marchi del settore raccolgano positivamente la proposta degli scandinavi e utilizzino i dati analizzati nel corso degli anni per assicurare maggiore protezione a tutte le persone alla guida.

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